L'ERUZIONE DEL VESUVIO DEL 79 d.C.


plinio E' l'eruzione pliniana più conosciuta, non solo del Vesuvio, ma di tutta la storia della vulcanologia . Essa è stata descritta in due lettere di Plinio il Giovane (61-114 d.C.) allo storico Tacito. Tali lettere costituiscono la prima descrizione di un'eruzione da qui la denominazione di eruzione pliniana per questo tipo di fenomeno particolarmente violento e distruttivo.
Nell'eruzione, Pompei ed Ercolano furono completamente distrutte e molte altre città furono fortemente danneggiate fra cui Oplonti e Stabia, dove probabilmente Plinio il Vecchio (foto a sinistra) trovò la morte all'età di 56 anni.

Diversi anni dopo l'eruzione del 79 d.C. lo storico Caio Cornelio Tacito, amico intimo di Plinio il Giovane, dovendo scrivere un racconto storico di quegli anni chiese all'amico di fornirgli notizie relative alla morte di suo zio Caio Plinio Secondo (noto come Plinio il Vecchio, 23-79 d.C.) comandante della flotta romana di stanza a Miseno -uno dei porti più importanti dell'impero- ed autore della Historia Naturalis, un'enorme enciclopedia di 37 volumi. Al tempo dell'eruzione il diciottenne Plinio il Giovane, segretario imperiale di Traiano, viveva con la madre presso lo zio, in quanto orfano di padre.
Tacito fu talmente interessato alla prima lettera, che riscrisse a Plinio il Giovane per richiedergli una seconda lettera che lo ragguagliasse sulla sorteplinio il giovane sua e di sua madre, dopo la morte dello zio.
Le lettere furono scritte quindi su richiesta di Tacito e descrivono i danni subiti da Plinio il Giovane e della morte dello zio Plinio il Vecchio. E' probabile però, che lo zio sia morto per cause cardiache e non come descrive Plinio il Giovane.
 Le lettere descrivono, inoltre il susseguirsi dei fenomeni eruttivi ed i loro effetti quali le scosse sismiche che preludono all'eruzione, la grande colonna di cenere e gas a forma di pino, le ricadute di ceneri e di  pomici che seppelliscono gli edifici, gravando sui tetti e ostruendo le vie respiratorie degli abitanti e la totale oscurità.
Secondo le lettere di Plinio il Giovane (foto a destra) l'eruzione sarebbe iniziata a mezzogiorno del 24 agosto e terminata intorno alle 6 del pomeriggio del 25. E' da rilevare che a quell'epoca il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e sulle sue pendici sorgevano diverse floridi città.

L'eruzione fu preceduta da una serie di terremoti come testimoniato dalle tracce di lavori di riparazione provvisori effettuati poco prima dell'evento eruttivo e rinvenuti in molte case distrutte dall'eruzione e riportate alla luce dagli scavi archeologici. Il terremoto più grave avvenne nell'anno 62 o 63 d.C. e fu avvertito anche a Napoli e a Nocera, dove si verificarono alcuni danni.
Dallo studio dei prodotti dell'eruzione del 79 d.C. osservati a Pompei e nelle altre città distrutte è stato possibile ricostruire la dinamica e la successione dei fenomeni eruttivi tipici di un'eruzione pliniana. Si possono così distinguere tre fasi:
La prima fase, iniziata all'incirca alle ore 13 del 24 agosto, fu caratterizzata dall'interazione magma-acqua (attività freatomagmatica) con apertura del condotto vulcanico ed accompagnata da una serie di forti esplosioni.
La seconda fase, durata fino alle ore 8 del 25 agosto, fu caratterizzata dalla formazione di una colonna di gas, ceneri, frammenti litici e pomici bianche e grigie alta circa 15 km al di sopra del vulcano accompagnata da frequenti terremoti. Secondo alcuni autori la nube raggiunse probabilmente un'altezza di 26 km durante la fase delle pomici bianche e successivamente di 32 km durante quella delle pomici grigie. I volumi di magma emessi nelle due fasi delle pomici, che a Pompei formano un deposito con spessore di circa 4 m, ammontarono rispettivamente a 1 e 2.6 km3.
Fuga da PompeiDurante la notte molte persone, approfittando di una stasi dell'attività eruttiva, fecero ritorno alle proprie case, ma nella mattinata del 25 soffrirono della ripresa dell'attività. Si verificò, infatti, il collasso completo della colonna eruttiva con conseguente formazione di flussi piroclasticiche si distribuirono radialmente rispetto al centro eruttivo e causarono la distruzione totale dell'area di Ercolano, Pompei e Stabia.
In seguito si formò una nuova grande nube eruttiva il cui collasso diede origine ad una serie di surges piroclastici che riversandosi verso valle ad altissima velocità seppellirono tutto quanto incontrarono lungo il loro cammino. Ercolano soffrì particolarmente durante questa fase.
Nella terza fase, durata fino alla tarda mattinata del 25 agosto, continuarono a formarsi i flussi piroclastici mentre la grande nube raggiunse Capo Miseno.
Durante questa eruzione furono emessi circa 3-4 km3 di magma con una portata di circa 40 mila m3 al secondo.
 
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